Sculture

Sculture 1998/1999

 

 

 

 

 

 

 

Pubblicità

2016 – Inizio della vita

Nicoletta D’Alesio presenta il libro d’Artista “Inizio della vita” di Gianna Regina Mazzoli.

Presso l’associazione culturale Amor del Libro che nasce a Venezia, città del libro e città di Aldo Manuzio, con lo scopo di promuovere e divulgare l’amore per i libri e le antiche tecniche di stampa.

Amor del Libro_Inizio della Vita_gianna regina mazzoli

Inizio della Vita_ Amor del Libro_gianna regina mazzoli

 

 

 

 

 

Punta della Dogana

La Punta della Dogana o Punta della Salute o Punta da Màr è una zona di Venezia, sottile punta triangolare di divisione tra il Canal Grande e il Canale della Giudecca, prospiciente il Bacino San Marco. L’edificio seicentesco, opera del Benoni, è a pianta triangolare, costituito da 8 campate sviluppate su due piani ed e coronato da una torre sovrastata dalla Palla d’Oro, sfera in bronzo dorato sostenuta da due atlanti, a raffigurare il mondo su cui poggia la statua detta “Occasio”. Tale statua rappresenta la Fortuna, opera dello scultore Bernardo Falconi, rotante ad indicare la direzione del vento e, simbolicamente, la mutevolezza della fortuna stessa. (tratto da Wikipedia).

Importanti lavori di restauro hanno consentito nel 2009 la realizzazione all’interno del complesso della Dogana da mar di un centro d’arte contemporanea collegato a Palazzo Grassi, ideato dall’architetto minimalista giapponese Tadao Ando, coadiuvato da un pool di professionisti italiani, su commissione del magnate della moda francese François Pinault, proprietario di Palazzo Grassi e collezionista d’arte contemporanea.

In tale circostanza Gianna partecipata quale doratrice al restauro della Palla d’Oro e della vela della Venere del vento.  Gianna è la prima donna nella storia a vincere come decoratrice il Premio Torta insieme allo staff di restauro.

      

   

   

   

giannareginamazzoli_puntadelladogana_00010    

   

   

   

   

   

      

   

   

   

   

   

   

   

   

   

   

   

   

   

   

   

   

   

   

   

   

   

 

 

 

Si ringrazia:

L’Ing. Giandomenico Cocco

Progettista della struttura e del restauro della Palla d’Oro di Punta della Dogana (Venezia), per il materiale fotografico e il video fornito.

Palazzo Grassi (Venezia)

Per il permesso di pubblicazione delle foto del restauro

Gli amici e colleghi

Alessandro, Giuseppe, Ermanno, Elisabetta, Marco, Renzo, Riccardo, Daniel, Giandomenico, Annalisa, Guido e Renata.

Musica: Blind cupid di Stefano Fracalanza

 

 

 

 

2014 -2017 Metropolis

Metropolis e le Edizioni d’Arte del Centro Internazionale della Grafica di Venezia”

Progetto a cura di Andreas Kramer Il METROPOLIS

E’ un progetto artistico di carattere internazionale.

METROPOLIS é una metafora per la cittá e lo spazio urbano.

METROPOLIS è un luogo di comunicazione, un mercato d´idee.

METROPOLIS è una galleria d´arte.

METROPOLIS è un libro aperto.

Come già il tema “Il palazzo enciclopedico” della Biennale 2013 il nostro METROPOLIS, che nasce nel contesto della cultura di Venezia ,vuole essere inteso come universalità dell’essere e riunire artisti da tutto il mondo, famosi o meno famosi. Il progetto METROPOLIS prevede la realizzazione di due libri, un libro collettivo e un libro individuale. IL LIBRO COLLETTIVO è costruito a Leporello (cioè a fisarmonica), come già sperimentato con il Libro della Notte. Il libro rilegato a Leporello è lungo circa 100 metri ed è contenuto in un cofanetto rilegato con carta a mano. IL LIBRO INDIVIDUALE è realizzato, pubblicato e rilegato dal Centro Internazionale della Grafica a Venezia ed è contenuto in un cofanetto rilegato con carta a mano. I libri vengono esposti in gallerie, musei e altri luoghi espositivi di molti paesi del mondo.

La serie di mostre è iniziata nel 2014 con una presentazione a Venezia e a Berlino. Prosegue nel 2015 e 2017 con mostre in tutto il mondo, tra altro in Spagna, Brasile, Giappone e negli USA.

E’ attualmente a Venezia presso le Sale Monumentali della Biblioteca Nazionale Marciana.

Roma 2015

    

    

    

      

     

 

Venezia  2017

      

      

      

                              

      

      

      

Gianna Regina Mazzoli Inizio della Vita

      

      

      

      

      

      

      

      

I giornali ne parlano

      

      

2014 – Artista in-formato

 

L’Associazione Venezia Viva e l’Associazione Internazionale Incisori di Roma ha inaugurato il 6 gennaio 2014 presso lo spazio espositivo di Palazzo Minelli, la Rassegna Artista in-formato.

La mostra ha proposto opere, rigorosamente su carta del formato 20×24, realizzate da moltissimi artisti internazionali che operano nell’ambito del nostro contemporaneo con linguaggi e tecniche personali e innovative.

Il tema proposto era libero, ma poneva una particolare attenzione al tema del cuore, inteso come ciò che più ispira la fantasia e la creatività degli artisti.

 

        

         

 

         

         

 

 

 

 

2012 – inUTILE magnETICO

Api Tuci – Luce

 

api tuci

“L’opera nasce dai disegni di nostra figlia, da come si divertiva a scegliere un colore invece di un altro, scoprendo con entusiasmo che una linea se chiusa poteva diventare un cerchio e che un cerchio poteva diventare un sole e che un sole… Così in un anno (mia figlia ha 2 anni e tre mesi) abbiamo tenuto quasi tutti i suoi disegni.

In questa opera ho cercato di fare ciò che Maria Letizia continua a fare ancora oggi: vivere e rappresentare il suo mondo.

Questo è il magnetismo di Maria Letizia verso il mondo, verso la vita. È l’inizio di tutto!”

Gianna.

Opera esposta alla Mostra degli inUTILI, inUTILE magnETICo

al Museo di Zoologia di Bologna a maggio 2012.

 

 

Presentazione

L’assenza

di Franco Basile

Come Jean Dubuffet, Gianna Regina Mazzoli doveva sentirsi stanca di tutte le immagini istituite, di tutto quanto veniva sfornato dalla fabbrica dei pensieri in scatola, di tutto ciò che la catena della produttività culturale smerciava con ipnotica e opprimente serialità. E come Dubuffet, Gianna voleva rimettere le cose al loro punto di partenza, “al loro punto zero  – per dirla con l’immaginifico francese – prima di qualsiasi vocabolario”.  L’invenzione è il fenomeno che fissa la produzione dei sogni, rientra in un almanacco privo di dati specifici, in un prontuario del sentimento senza numeri e senza formule: l’immaginazione è sorella di chi viaggia sul lato romantico della vita, di chi percorre corsie dove la segnaletica offre possibilità espressive e dialogiche alternative fino ad aree di sosta aperte ad una spontanea indipendenza linguistica e tecnica. Infaticabile nella ricerca di variazioni, Gianna amava le novità, la bizzarria, l’originalità. Sperimentatrice a tempo pieno, sosteneva che la verità ha bisogno di essere sostenuta dal sogno, e che l’arma migliore per cambiare le cose è, appunto, l’immaginazione. Disegnando un sorriso dalla piega amara, diceva che se la ricchezza andava misurata in base al materiale onirico a nostra disposizione, lei poteva considerarsi milionaria.

Ancora giovanissima, accostata alla visionarietà del surrealismo, quindi alle idee di Dubuffet, dell’art brut, interessata al linguaggio neodadaista, in particolare agli assemblaggi polimaterici, poi alle ricerche astrattiste, alle concezioni spazialiste di Fontana e alla poetica dell’object trouvé, ha finito per dar voce al proprio universo con un’iconografia tra il provocatorio e il favoleggiante e una scrittura volta alla trasgressione e all’eccentricità. E ancora, con una serie di pagine, dettati autobiografici venati di erotiche allusioni, che sono elaborati dove il segno ospita la metafora di un animo che col trascorrere del tempo sembra essersi reso meno disponibile al gioco delle illusioni. Ci sono tratti che evocano il concepimento, visioni che ospitano trasporti densamente drammatici, immagini tanto vitali quanto ossessive, infine, tracce di amori disperati.

Questa parabola creativa si trascina fino agli ultimi atti di un’esistenza consumata nel volgere di poco più di tre decenni. I pensieri di Gianna si rincorrono nell’ansia sospinti da una carica emotiva unita a un’azione segnico-gestuale. Sul finire del proprio tempo la realtà, ormai, è più evocata che materialmente attraversata, come l’eco di una chanson realiste che rimbalza qua e là e che rende la superficie del cuore un pentagramma sordo ai richiami del mondo che li genera. I fogli di Gianna reggono appena il peso delle ombre che nel loro succedersi acquistano valenza nella consistenza dei neri neri. Il tempo dei racconti policromi, delle favole confezionate dall’ironia appartiene al passato, che non è poi tanto lontano essendo così ridotto il corso del suo esistere. La considerazione della vita umana come condizione d’angoscia è un’idea che si è velocemente impadronita di lei, per cui tutto è come se si fosse tradotto in una partecipazione cosciente alla sofferenza. Di qui tanti racconti con la disgregazione dell’impianto figurativo determinato dal linguaggio informale, e in lei, una carica sì dolorosa da manifestarsi con tratti tanto vitali quanto ossessivi, quindi un mondo popolato da elementi biomorfici e da microcosmi organici densi di acida energia. Ecco allora formarsi un pullulare di esseri in un atlante dalle tavole raschiate da una lacerante solitudine, una geografia di quel che resta di una vita, di un sussulto di chimera da ospitare in un giocattolo rotto, o da avvolgere in un pezzetto di carta stagnola assieme al sapore di un’imminente, definitiva assenza.

Tecniche miste, collages, incisioni, figure, nudi, animali: e le macchie, quelle oscure presenze che smarginandosi vanno al di là della superficie. Ombre livide o trasparenti che disegnano un nulla nella desolata sostanza di una memoria che si vorrebbe cancellare. Ombre che rivelano innumerevoli forme di vuoto, ombre attraversate da pensieri come occhi dotati di grande penetrazione. Ombre, macchie dietro alle quali si cela il mistero e tutto quello che il tempo ha cullato dentro di sé. Gianna ha lungamente viaggiato in territori segnati dall’indistinto, perché conosceva bene le aree frequentate da cose che, nella loro trasposizione ideale, determinavano la sostanza della tenebra. Ecco perciò forme vagheggiate, soggetti dai contorni imprecisati: nel lasciare ampio margine all’introspezione, Gianna ha cercato un legame tra dimensione sensoriale e spirituale sperando di dare un nome al segreto di una notte, illudendosi forse che l’oscurità potesse all’improvviso aprirsi al passaggio di una meteora, alla corsa di una stella cadente che nel precipitare nello spazio avrebbe inciso una ferita d’argento sulla pelle del cielo.

 

Franco Basile, scrittore, giornalista e critico d’arte ha redatto testi per numerosi libri su artisti di fama internazionale. Ha curato per più di 30 anni la pagina dell’arte del Resto del Carlino di Bologna.